sabato 25 febbraio 2012

L'era Moratti, 17 anni senza idee

Napoli-Inter 2-0 -- Coppa Italia, 25 gennaio 2012
Lecce-Inter 1-0 -- Serie A, 29 gennaio 2012
Inter-Palermo 4-4 -- Serie A, 1 febbraio 2012
Roma-Inter 4-0 -- Serie A, 5 febbraio 2012
Inter-Novara 0-1 -- Serie A, 12 febbraio 2012
Inter-Bologna 0-3 -- Serie A, 17 febbraio 2012
Marsiglia-Inter 1-0 -- Champions League, 22 febbraio 2012
Napoli-Inter ?-? -- Serie A, 26 febbraio 2012

Lo scorso agosto scrissi un pezzo in cui provavo a spiegare perché l'Inter avrebbe incontrato molte difficoltà in questa stagione e, più in generale, nel futuro prossimo (questo il pezzo: Inter, la fine dei vincenti per prescrizione). A distanza di poco più di sei mesi, i risultati stanno dando ragione a ciò che scrissi. Ma ero stato davvero facile profeta, perché le debolezze della società nerazzurra erano e sono troppo macroscopiche per passare inosservate e per non lasciare conseguenze in termini di risultati sul campo. L'improvviso addio di Leonardo, l'incoerenza nella scelta dell'allenatore, la mancanza di un progetto tecnico, i litigi tra il dt Marco Branca e Massimo Moratti erano solo alcuni dei motivi che mi avevano fatto scrivere "si sta aprendo un periodo molto difficile per la creatura di Moratti".
E a questo punto la partita col Napoli di domenica prossima sarà probabilmente decisiva per il futuro di Claudio Ranieri. Moratti è confuso e non sa bene che fare, ma se l'Inter dovesse uscire con un risultato negativo dal San Paolo, far saltare l'allenatore sarebbe la scelta più semplice per lui. Più semplice, ma anche più sbagliata e controproducente. E' fin troppo chiaro che il problema di questa squadra non è l'allenatore, e personalmente penso che l'unico errore commesso da Ranieri sia stato quello di accettare la panchina dell'Inter. Un allenatore della sua esperienza avrebbe dovuto capire che non c'erano le condizioni per riportare in alto la squadra. O nei prossimi giorni o a giugno, Moratti cambierà dunque l'ennesimo allenatore della sua personalissima collezione. Per l'esattezza, il prossimo sarà il 18° tecnico in 17 anni di gestione Moratti. Numeri fuori da ogni logica, perché stiamo parlando di una grande squadra - almeno dal punto di vista economico - che avrebbe bisogno di un progetto tecnico e di una società forte in grado di proteggerlo con convinzione. Mi piace molto il modo in cui la Roma sta difendendo Luis Enrique, nonostante i risultati fino ad oggi non siano esaltanti. La società giallorossa ha un progetto molto chiaro - condivisibile o meno questo è un altro discorso - e sta cercando con forza di portarlo avanti. All'Inter tutto questo manca clamorosamente. Mourinho era stato una piacevole illusione per l'ambiente nerazzurro, perché aveva fatto pensare a molti che l'Inter fosse definitivamente uscita da quella spirale negativa che aveva caratterizzato i primi undici anni dell'era Moratti. Ma quello che molti non avevano capito è che Mourinho non è un semplice uomo di campo. E' un manager, un dirigente, un uomo che gestisce le relazioni con la stampa e poi anche un allenatore. Lui stesso ha dichiarato: «Quando sono arrivato all'Inter non avevo neanche un ufficio. Quando me ne andrò chi mi sostituirà ce l'avrà». Mourinho ha coperto da solo il grande vuoto societario che aveva alle spalle. Ma andato via lui, quel vuoto si è riaperto.
Alcuni sostengono che il problema dell'Inter è che Moratti non investe più. Io non penso sia questo il problema. Moratti nella sua gestione ha speso moltissimo, anche troppo. E soprattutto ha speso male. Dal 1995 al 2005 Moratti ha speso mille miliardi di vecchie lire senza vincere un solo scudetto. Negli stessi anni Moggi costruiva e ricostruiva squadre vincenti senza chiedere una lira alla famiglia Agnelli. Nel 2001 Moggi vendette il quasi 30enne Zidane al Real Madrid alla cifra di 160 miliardi di lire, e con quei soldi rifondò la squadra andando a prendere Buffon, Thuram e Nedved. Quindi non penso sia un problema di soldi, casomai di come vengono investiti quei soldi. Si può vincere senza grandi risorse ma non si può vincere senza idee.

giovedì 16 febbraio 2012

Furia di Signora: «Adesso basta»


L'antijuventinità è qualcosa che da sempre fa parte della cultura italiana, e il 2006 è solo la punta di iceberg di un sentimento popolare molto profondo. Per questo sono convinto che al prossimo episodio arbitrale favorevole alla Juventus, nonostante tutto, ricominceranno i soliti discorsi sulla società di ladri, che compra le partite, che falsa i campionati, ecc. ecc. C'è un fronte comune e compatto formato da buona parte di stampa e televisioni che si nutre e si nutrirà sempre di questi discorsi, alimentando l'opinione pubblica di luoghi comuni e stereotipi. In fondo questo è il destino della società più amata, più odiata e sicuramente più vincente d'Italia. Quando cresce l'anijuventinità, la Juventus sta tornando grande. E oggi, evidentemente, dopo sei lunghi anni, la Juve fa di nuovo paura.
Il problema è quando l'aria che tira fuori dal campo da calcio si trasferisce dentro al campo da calcio. Il problema è quando il settore arbitrale respira certi discorsi e li traduce in arbitraggi di un certo tipo. Non credo ci sia nessuna cospirazione arbitrale contro la Juventus, così come nel 2006 non c'era nessuna cupola pro Juventus. Penso però che se in 23 partite la Juventus ha ricevuto un solo rigore a favore, un motivo ci deve essere. Per una squadra che ha un possesso palla superiore al 70% e che attacca per più di 70 minuti nell'area avversaria, un rigore è veramente una miseria. Il Milan, tanto per dire, ne ha avuti sei e il Novara ultimo in classifica tre. Come ha detto Conte ieri sera nella conferenza stampa post Parma-Juventus, rivolgendosi direttamente al designatore arbitrale: «Signor Braschi, che ci trattino come tutti gli altri per favore, perché la sensazione è che se si fischia contro la Juventus comunque non si sbaglia, se si fischia a favore uno si fa il segno della croce...». Due scudetti, la serie b, una società e una squadra distrutte. Ci abbiamo messo cinque anni per ricostruire qualcosa che assomiglia al passato. Adesso basta.

P.S. Ringrazio il mio amico Piergiorgio per avermi indicato il link del video della conferenza stampa di Conte e per avermi fatto riflettere su calciopoli qualche anno fa.

martedì 14 febbraio 2012

Roma è fuori dai Giochi


Dunque il governo non appoggerà la candidatura di Roma ai Giochi Olimpici del 2020. Alla fine ha deciso il rigore di Monti e dei tecnici. A niente sono serviti i facili entusiasmi sventolati dal Coni e dal Comune di Roma nei giorni scorsi, e a niente sono valse le firme di atleti e artisti famosi a sostegno della candidatura di Roma. Da Totti alla Pellegrini, da Tornatore a Fiorello, in molti si sono spesi per sostenere la candidature della capitale del mondo ai Giochi Olimpici 2020. Tutto inutile. Per fortuna, viene da dire.
E non devo essere il solo a pensare che la non candidatura di Roma ai Giochi è in fondo una grande liberazione, un peso in meno per il Paese, se - come riportano i sondaggi - la stragrande maggioranza delle persone si trova favorevole al no del premier. Addirittura clamoroso l'esito del sondaggio di Sky Tg24 di questa sera (senza valore scientifico, è bene sottolinearlo): alla domanda "Il governo non appoggia la candidatura di Roma per i Giochi del 2020. Sei d'accordo?" il 90% ha risposto con un deciso Sì. Segno evidente dell'aria che tira nel Paese. La gente non ne vuole sapere di Olimpiadi da organizzare. Un evento mastodontico che, per quanto affascinante e spettacolare, è pur sempre da finanziare con soldi pubblici. Nei giorni passati il presidente del Coni Gianni Petrucci si era lungamente speso nel rassicurare il governo e l'opinione pubblica, parlando di manifestazione «a costo zero e solo positiva per l'Italia». Ma in pochi gli hanno creduto. Anche perché i precedenti non sono esattamente confortanti. Abbiamo organizzato Italia '90 e sono rimaste cattedrali nel deserto e miliardi buttati al vento o ingoiati dai ladri. Abbiamo organizzato i Giochi invernali di Torino 2006, che hanno avuto un effetto positivo sulla città, ma hanno anche portato ad enormi buchi di bilancio, senza contare i numerosi impianti sportivi costruiti e mai più utilizzati dopo la manifestazione. Abbiamo organizzato i Mondiali di nuoto a Roma, e si sono mossi i giudici. Anche per questo la gente non si fida più, a maggior ragione in un momento di grande incertezza e grandissimi sacrifici come quello attuale.
Monti da parte sua ha spiegato che il Paese non è ancora pronto a candidarsi alle Olimpiade del 2020 e ha invitato a non leggere la decisione come un messaggio di pessimismo. «I mercati avrebbero pensato che l'Italia dopo 2-3 mesi di rigore si lanciasse in atti imprudenti, come una garanzia ad importo sostanzialmente illimitato». Come dire: prima di rivivere il mito e le emozioni di Roma 1960, c'è da mettere al sicuro l'Italia. Ha vinto il rigore e ha vinto la logica.

venerdì 3 febbraio 2012

Del Piero-Juve, meno cento?


13 maggio 2012, ultima giornata di campionato.
20 maggio 2012, finale di Coppa Italia.

E così oggi mancano cento giorni all'ultima partita di campionato. Questo significa che mancano cento giorni alla partita d'addio di Del Piero. Volendo essere ottimisti, possiamo spostare questo appuntamento di sette giorni, al 20 maggio, data della finale di Coppa Italia, competizione per la quale la Juventus è ancora in corsa. Ma la sostanza cambierebbe di poco. Cento o centosette giorni che siano, il lunghissimo binomio Del Piero-Juventus sta vivendo gli ultimi momenti. A meno che...

A meno che il presidente Agnelli non decida di tornare sui propri passi, compiendo un grande gesto di umiltà e intelligenza. Come già ho scritto, credo che Agnelli abbia commesso un errore lo scorso ottobre, congedando Del Piero con sette mesi di anticipo dalla scadenza del contratto. Un errore di stile e di sostanza, ma non un errore irrimediabile. Tutto dipenderà dalla voglia che il giovane presidente della Juventus avrà di tornare sulle proprie decisioni e di cambiare quel futuro che per il momento sembra avere già scritto. Analizzando lucidamente la situazione, è difficile trovare una sola controindicazione ad un eventuale rinnovo del capitano bianconero fino al giugno 2013. Mi spiego.
Il giocatore ha un ingaggio di un milione e non rappresenta dunque un peso economico per la società. Lo era sicuramente Amauri, fuori rosa e fuori dal progetto ma con uno stipendio netto di quattro milioni, ma non lo è né lo sarà mai Del Piero. Dal punto di vista economico, quindi, nessuna controindicazione. Dal punto di vista tecnico e dal punto di vista fisico, il giocatore ha dimostrato di esserci ancora e di poter dare una mano importante nei momenti di bisogno. Ma soprattutto la grande prova che Del Piero sta dando in questa stagione è quella di essere un vero uomo squadra, un capitano impeccabile nonostante lo scarsissimo minutaggio. E proprio quest'ultimo aspetto è stato sottolineato più volte anche dallo stesso Conte. Considerando poi che la Juventus tornerà probabilmente a disputare la Champions League nella prossima stagione, l'esperienza di Del Piero all'interno di un gruppo piuttosto giovane, e con poca pratica di partite a livello internazionale, potrebbe essere fondamentale anche il prossimo anno. Tutti buoni motivi per prolungare di un anno ancora.
Ad oggi possiamo dire che sono iniziati gli ultimi cento giorni di Del Piero alla Juventus, ma le cose potrebbero cambiare, nonostante le certezze che sembrano avere quasi tutti sull'addio di Pinturicchio a fine stagione. Se c'è una cosa che ho imparato è che nel calcio tutto può cambiare in un solo giorno. Figuriamoci in cento giorni. L'unica cosa certa è che la palla in mano ce l'ha Agnelli.