mercoledì 18 gennaio 2012

Del Piero non merita questo

2 novembre 2011. Parla Pavel Nedved: «Sinceramente non posso vedere un campione come Del Piero finire in panchina o in tribuna. Un campione deve finire in piedi giocando le partite».

Presto Antonio Conte dovrà prendere una decisione molto delicata. E' questione di pochi giorni, il tempo che Quagliarella recuperi definitivamente dall'infortunio allo zigomo rimediato nella prima partita dell'anno. A quel punto i cinque attaccanti saranno tutti a disposizione dell'allenatore leccese, che si troverà nella condizione - gradevole e sgradevole al tempo stesso - di dover mandare in tribuna prima di ogni partita uno tra Matri, Borriello, Vucinic, Quagliarella e Del Piero. Non è in realtà una prospettiva che preoccupi più di tanto Conte, se pensiamo che è stato lui stesso a volere fortemente l'arrivo di Borriello. Fatto sta che l'abbondanza nel reparto offensivo potrebbe portare ad un'esclusione clamorosa, quella di Alessandro Del Piero. Clamorosa perché se ormai alcuni si stanno abituando a vedere Del Piero in panchina, nessuno è ancora abituato a vederlo in tribuna per scelta tecnica. Una possibilità che spero non si realizzi, perché si parla di un giocatore che è la bandiera della Juventus, e - per chi come me lo crede ancora - di un campione. Una possibilità che, come tale, potrebbe dunque non concrettizzarsi. Per esempio, escludendo Krasic ed Elia - giocatori sui quali la Juventus non sembra più puntare (sul primo in modo evidente, sul secondo a dire il vero non ho ben capito quale sia la posizione del club) - si libererebbe un posto in panchina che consentirebbe a Conte di convocare tutti e cinque i suoi attaccanti, senza doverne mandare in tribuna nessuno.
La stagione di Del Piero è stata molto strana fino ad oggi. Titolare e in campo per 70 minuti nella prima partita vittoriosa della stagione contro il Parma, nel debutto allo Juventus Stadium. Da quel momento tantissima panchina, qualche spezzone di partita e l'impiego per 5 minuti contro il Genoa e per 3 (!) contro il Napoli. In mezzo una dichiarazione inutile e fuori luogo di Agnelli, che di fatto gli ha sbattuto la porta in faccia. Ora, come se non bastasse, lo spettro della tribuna.
Gli ottimi risultati della Juventus e l'intelligenza di Del Piero hanno impedito che scoppiasse un caso. Però, da qualsiasi punto la si voglia vedere, la situazione è stata gestita non male, di più dalla società bianconera. Il punto non è la mancanza di riconoscenza - la riconoscenza nel calcio, e probabilmente nella vita, non esiste - il punto è che i vertici della Juventus stanno mancando di rispetto alla bandiera Del Piero, e ancor prima, alla persona Del Piero. La società non può e non deve trattarlo così, a maggior ragione ora che la sua strada e quella della Juventus stanno per dividersi dopo 19 anni. L'addio di Del Piero alla Juventus sarà comunque amaro, perché chi ama il calcio vorrebbe sempre vederlo correre sul campo da gioco con la maglia bianconera. Ma in questo modo rischia di diventare amarissimo, e non per colpa sua. Citando Nedved: «Un campione dovrebbe finire in piedi giocando le partite».

martedì 10 gennaio 2012

Henry e Scholes, il ritorno delle leggende


E sono 227 con la maglia dell'Arsenal per Thierry Henry!

E' incredibile quello che è successo negli ultimi giorni nel calcio britannico. Incredibile ed emozionante. Sì perché, pazzesco anche a dirsi, Thierry Henry e Paul Scholes sono tornati a vestire le maglie che li hanno consacrati. Henry è tornato all'Arsenal dopo cinque anni passati a giocare lontano da Londra, e Scholes è tornato a giocare per il Manchester United dopo aver annunciato il ritiro lo scorso giugno. Pare che Ferguson lo abbia chiamato al telefono dicendogli: «La verità è che abbiamo ancora bisogno di te, che fai torni a darci una mano?». Detto, fatto. Scholes è tornato e Ferguson lo ha già schierato nell'ultima mezzora della partita vittoriosa contro gli acerrimi rivali del Manchester City, valida per l'accesso al quinto turno di Fa Cup. E se il ritorno di Scholes è stato memorabile, quello di Henry è leggendario. A 1768 giorni dalla sua ultima apparizione con la tenuta dei Gunners, Titì si è ripresentato all'Emirates Stadium. Al suo ingresso un boato da brividi. E al suo gol, il numero 227 con la maglia dell'Arsenal - segnato dopo dieci minuti dal suo ingresso in campo - tifosi in delirio. Sì perché questi non sono solo grandi giocatori, sono bandiere purissime - come ne rimangono ormai poche nel mondo del calcio - che hanno lasciato il segno nel cuore della gente. Dicono tutto le parole di Henry: «Tornare qui è qualcosa di irreale a essere onesti, ma per me l'Arsenal è una questione di cuore. Non sono qui per fare l'eroe o per dimostrare chissà cosa, sono qui per dare una mano viste le assenze di Gervinho e Chamakh. Farò tanta panchina, la squadra sta facendo bene, ma sono pronto a dare una mano».
Così invece Ferguson sul ritorno di Scholes: «E' fantastico che Paul abbia preso questa decisione. E' sempre triste vedere grandi giocatori concludere la carriera, specialmente quando è così presto. Ma lui si è sempre tenuto in forma e ho sempre pensato che potesse fare un'altra stagione». Scholes ha 37 anni, ma Ferguson sa guardare oltre l'età di un giocatore e sa quanto sia importante avere in rosa giocatori con la sua esperienza, la sua classe e il suo attaccamento alla maglia. A proposito: qualcuno a Torino dovrebbe prendere nota.
Signori, non importa per quanto giocheranno ancora. Quello che conta è che sono tornate due autentiche leggende.

venerdì 6 gennaio 2012

L'esempio di Giaccherini e la prima Juve di Lippi

Lo scorso 8 dicembre, in occasione di Juventus-Bologna 2-1 - partita degli ottavi di Coppa Italia - Conte esultò in modo particolare dopo il bel gol di Giaccherini al 90' minuto. Fece più o meno il gesto che Toni fa sempre quando realizza una rete, si portò la mano all'orecchio come per dire: «Avete visto cosa sa fare questo Giaccherini?», gesto e pensiero ovviamente rivolto a tutti coloro che avevano storto il naso al momento del suo acquisto, questa estate. Conte ha fortemente voluto questo giocatore, e lo protegge, lo esalta con un'attenzione particolare. Queste le parole di Conte, sempre dopo la partita di Coppa Italia col Bologna: «Se si fosse chiamato Giaccherinho staremmo tutti a parlare di un fenomeno, invece si chiama Giaccherini e viene dai campi di provincia. Giaccherini è il nostro esempio».

Tralasciando la prima parte del suo discorso - Giaccherini non è un fenomeno e Conte, aldilà dei discorsi, lo sa bene - sono molto interessanti le ultime parole: «Giaccherini è il nostro esempio».
Conte ha rivoluzionato la Juve non tanto nel gioco quanto nella testa. O meglio: il gioco è una conseguenza di un nuovo atteggiamento mentale che Conte è riuscito a (ri)portare in un ambiente che era completamente svuotato dalle ultime due disastrose stagioni. Conte vuole prima di tutto gente che in campo dia tutto, lo ha detto chiaramente fin dal primo giorno di ritiro. Chi è alla Juve, chi è della Juve deve onorare la maglia. E la maglia si onora, prima ancora che con le belle giocate e i gol, con il sudore di cui viene riempita ogni volta che viene vestita. Ecco perché Conte definisce Giaccherini il nostro esempio. Oggi alla Juve ci sono almeno 9-10 giocatori superiori per qualità a Giaccherini, ma Giaccherini è l'esempio perché, per citare ancora Conte: «Mangia l'erba». Tradotto: in campo dà tutto. E questa, per Conte, è la prima delle cose che servono a una squadra per tornare competitiva.
Conte probabilmente ha nella testa come modello la prima Juve di Lippi, formata da grandi campioni come Del Piero, Vialli e Sousa, ma anche da gente come Di Livio, Torricelli, Pessotto e Conte stesso che faceva della corsa e della presenza agonistica la principale caratteristica. Didier Deschamps, grande interprete di quella Juventus, ha dichiarato: «La voglia di lottare che aveva la nostra squadra era qualcosa di diverso e inimitabile. E arrivava immediatamente dopo aver vestito quella maglia». Conte sta cercando di ricostruire proprio quello spirito, e giocatori come Giaccherini lo aiutano molto in questa opera di ricostruzione. Basti dire che in questa prima parte di stagione Conte lo ha quasi sempre preferito al più talentuoso, ma anche più spaesato (almeno per il momento), Elia, acquistato quest'estate per 9 milioni di euro dall'Amburgo (di contro ai 3 sborsati al Cesena per la comproprietà di Giaccherini). Gente come Giaccherini - per fare altri nomi cito anche Pepe e Vidal - incarna quello spirito guerriero che per Conte è fondamentale ricostruire. Quando Conte disse che Giaccherini è il nostro esempio sapeva bene quello che diceva.