lunedì 11 luglio 2011

Caro Moratti non si nasconda

Dall'aprile 2010 - quando i legali di Moggi trovarono nelle 171 mila intercettazioni alcune chiamate che rivelavano l'esistenza di una una fitta rete di contatti tra esponenti dell'Inter e tesserati del settore arbitrale - la strategia difensiva adottata dal signor Massimo Moratti è stata all'insegna della più bieca ipocrisia. Ieri a Pinzolo, in Trentino, luogo che ospita il ritiro estivo 2011 dell'Inter, si è raggiunto davvero il momento più basso dell'intera vicenda, quando Stankovic e Cordoba hanno srotolato una gigantografia che raffigura l'ex presidente dell'Inter Giacinto Facchetti, scomparso nell'agosto 2006 in seguito ad una brutta malattia. Niente di male si direbbe, solo un modo per rievocare la memoria di un grande giocatore che ha fatto la storia non solo con la maglia nerazzura ma anche con la maglia della Nazionale, a cavallo tra gli anni '60 e '70. La sensazione che emerge però è che l'Inter stia usando l'immagine dell'ex presidente Giacinto Facchetti per spostare l'attenzione dal vero problema. Tra le numerose telefonate, riemerse grazie al lavoro dei legali di Moggi e ammesse al procedimento penale in corso presso il Tribunale di Napoli, ce ne sono infatti diverse in cui Giacinto Facchetti parla con i designatori e una in cui parla con l'arbitro De Santis. L'Inter, che fino a quel momento aveva sempre negato ogni tipo di contatto con esponenti del mondo arbitrale e si era sempre definita come "società simbolo di onestà e lealtà sportiva", si è trovata dunque pesantemente coinvolta nella vicenda. In particolare nel luglio 2011, a seguito dell'inchiesta condotta dal procuratore federale Stefano Palazzi, è risultato che anche l'Inter ha violato l'articolo dell'illecito sportivo, lo stesso per cui la Juventus ha dovuto scontare una pena durissima. Dalla relazione di 72 pagine del procuratore federale emerge che anche le condotte messe in atto dai vertici del club nerazzurro hanno violato gli articoli 1 e 6 del vecchio codice di giustizia sportiva, in quanto certamente dirette ad assicurare un vantaggio in classifica mediante il condizionamento del regolare funzionamento del settore arbitrale (da Wikipedia).
Nessuno sta cercando di infangare l'immagine di uomo onesto e leale di Giacinto Facchetti, come invece crede o vuol far credere il presidente Moratti. Tutti quelli che parlano del Cipe, soprannome col quale gli amici si rivolgevano affettuosamente a Facchetti, dicono un gran bene di lui, e non stento a credere che fosse una gran bella persona. Qui però si sta parlando di altro: si sta parlando di un processo penale, quello di Napoli, che sta cambiando l'intera mappatura di Calciopoli e di fatto sta dimostrando che le sentenze del processo sportivo del 2006 furono, per usare un eufemismo, molto affrettate. Se al processo in corso a Napoli sono emersi degli elementi rilevanti, nello specifico chiamate tra dirigenti dell'Inter - non solo Facchetti ma anche Moratti - e designatori arbitrali e arbitri, non si può far finta di niente. Dispiace a tutti che Facchetti non possa difendersi in prima persona, ma è un dispiacere ancora più grande vedere il modo in cui Moratti non lo sta difendendo. Se Moratti volesse davvero difendere Facchetti troverebbe degli argomenti più validi rispetto a quello ipocrita secondo cui non si può tirare in ballo una persona che non c'è più. Forse non ha argomenti, e questo meriterebbe un capitolo a parte, ma almeno smetta di usare l'immagine di Giacinto Facchetti come scudo per non affrontare il vero problema.

Nessun commento:

Posta un commento